LA CARNE “COLTIVATA” È DAVVERO IL FUTURO?
La storia dell’uomo è punteggiata da molte rivoluzioni, anche economiche. Tra le grandissime quella petrol-chimica, che nel Novecento ci ha dato energia libera, e poi quella informatica. “Anche questa ci darà energia libera,” diceva Steve Jobs in una rara intervista che rilasciò a Playboy nel 1985, “ma di un altro tipo: energia intellettuale, forse oggi ancora “grezza”, ma il nostro computer Macintosh richiede meno energia di una lampadina da 100 watt e ci permette quindi anche di risparmiare. Già questa è un’innovazione. E chi lo sa che cosa sarà in grado di farci fare tra dieci, venti o cinquant’anni?”. Oggi sappiamo quanto ciò che è successo abbia cambiato il tessuto della società e il nostro modo di vivere. In questo momento stiamo assistendo a un’altra grande rivoluzione che cambierà in modo radicale le nostre abitudini: quella alimentare, tra cui quella della carne coltivata.
Il 5 agosto 2013 è stato prodotto in laboratorio il primo hamburger al mondo creato da cellule staminali; sono state prelevate da una mucca e fatte crescere dagli scienziati olandesi della Maastricht University fino a formare strisce muscolari. Questo hamburger, costato circa 300mila dollari, è stato cucinato e mangiato durante una conferenza stampa a Londra, riscuotendo notevole successo. Da allora, le società di ricerca si sono rapidamente moltiplicate e gli investimenti hanno sfondato la barriera di 1,3 milioni di dollari negli Stati Uniti, seguiti da Israele, Paesi Bassi e Singapore. A incoraggiare le previsioni ci sono i numeri che vedono il mercato della carne coltivata valere 2,1 miliardi di dollari nel 2033 per arrivare a 13,7 nel 2043. Del resto la filiera industriale legata all’allevamento dei ruminanti per carne e latticini ha il più alto impatto ambientale e la filiera industriale legata al loro allevamento è responsabile di un terzo delle emissioni di gas serra. I ricercatori di Oxford hanno calcolato che la carne è inoltre la principale causa della deforestazione mondiale e consuma 11 volte più energia di quella impiegata per coltivare il grano. E per produrre 1 chilo di carne bovina servono 15mila litri di acqua. Per non parlare di altre criticità: il rischio crescente di antibiotico resistenza, lo smaltimento dei liquami eccedenti, ma anche le preoccupazioni da parte delle Nazioni Unite in merito alla produzione tradizionale di carne destinata alla popolazione mondiale, esponenzialmente in crescita.
Quindi perché allevare bestiame quando si può coltivare carne in laboratorio senza macellare gli animali? E come si procede? Si prelevano alcune cellule staminali da un animale vivo che vengono alimentate in un bioreattore con uno speciale “brodo nutritivo”. Qui prolificano fino a produrre veri tessuti muscolari che bypassano il processo biologico tradizionale. Da questa
impalcatura si possono realizzare bistecche, hamburgher o chicken nuggets con tanto di parti grasse, pronti per essere marinati, grigliati o fritti. Ecco finalmente la soluzione al “meat paradox”. Come dice Bill Gates, uno dei grandi finanziatori del progetto: “Quando la proveranno, realizzeranno che la adorano. Le persone vogliono la carne, non il macello”.
Del resto nel 1931 Winston Churchill aveva già immaginato un futuro senza allevamenti. “Dovremmo lasciarci alle spalle l’assurdità di allevare un pollo intero per poi mangiarne solo il petto o le ali, facendo crescere separatamente solo queste parti in un mezzo appropriato. Nel futuro, questo è certo, mangeremo anche cibo sintetico”.